»Ilvermorny Institute ~ An enchanted place where magic becomes reality

Old, dear times, -Libera

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Jay Devdas Subramani
view post Posted on 10/4/2015, 16:47




Sembravano passati anni da quando Jay se n'era andato dalla scuola, conseguendo una buona valutazione ai M.A.G.O.
Ed effettivamente, così era stato.
Il ventisettenne originario del Bengala si ritrovò a girare il cortile, osservando l'andrivieni di studenti di tutte le età riempire di vita l'austero Cortile in pietra. Si sedette sui gradini della scala che conduceva ai corridoi, appoggiando le mani sul mento e non potendo non sorridere divertito a vedere quanta vita c'era. Ai suoi tempi vigevano regole più severe e decisamente restrittive. Con la venuta del preside O'Connel, l'atmosfera che si respirava era decisamente più leggera. Non che il Preside sotto al quale aveva studiato fosse stato un tiranno senza scrupoli, ma era decisamente più formale. Ad esempio allora dovevano portare una divisa, le ragazze i capelli legati e i ragazzi dovevano tenerli assolutamente corti, con le barbe rasate. Fortunatamente si era trattato di un mandato breve, e l'anziano Preside che aveva conosciuto se n'era andato quando Subramani frequentava il terzo anno. Era salita alla carica Eileen Nora Robins, e da allora il Phoenix era diventato sempre più una casa accogliente per tutti gli studenti che vi studiavano. Gli piaceva vedere i ragazzi gironzolare felici per i corridoi, vederli chiacchierare amichevolmente e anche bisticciare. Quegli anni passati dietro agli animali, girando il mondo, gli avevano fatto sentire la mancanza di quel posto che aveva imparato a chiamare “casa”. Esattamente come quei fanciulli saltellanti, si sentiva protetto dentro quelle mura, circondato da persone che non vedeva l'ora di conoscere, smanioso di salire in sella ad una scopa per giocare a Quodpot e vedere avversari saltare a causa dell'esplosione.
Insomma, era un veterano con l'entusiasmo di una nuova leva.
Appoggiò i gomiti allo scalino dietro di lui, affossando la testa nelle spalle e osservando i Magibus sparire all'orizzonte, lasciando mandrie di giovani che, sicuramente, non vedevano l'ora di studiare (ribadisco, sicuramente) e imparare cose nuove. I suoi occhi verdi si spostarono verso il cielo, pensando a quanta strada aveva fatto da quando era un quattordicenne rachitico alto un metro e cinquanta. Era figlio di una famiglia di immigrati bengalesi, poveri in canna e con troppe bocche da sfamare, era entrato contro ogni aspettativa in quel prestigioso istituto e aveva lavorato fino ad allora, un lavoro ben pagato fra l'altro. Nessuno avrebbe potuto dire che quel colosso accuratamente vestito fosse stato in un passato lontano un bambino che elemosinava briciole di pane e sapeva trasformarsi in una perfetta governante quando si trattava di mantenere la casa in ordine. E ora si ritrovava lì, in veste di professore, pronto a vivere questa nuova vita che il Destino gli aveva offerto.
 
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